La storia del Castello di Magliano Alfieri

“Un poggio di Magliano chiamasi il monte dei sette castelli, perché, secondo la tradizione locale, sette case-forti già esistevano sulla sua sommità”, scriveva G.Casalis nel 1842 nel suo “Dizionario geografico degli Stati del Re di Sardegna”.
La leggenda fu alimentata dai toponimi maglianesi (come “Castellero” e “Rocchetta”, indicativi forse di antiche fortificazioni periferiche) e dai ruderi dell’antico fortilizio di Magliano, costruito dai nobili “De Maliano” e le cui prime notizie storiche risalgono all’anno 998 (“intus castro qui dicitur Malijano”).

Quel primo fortilizio era costituito da un nucleo circolare di case-forti (ricetto) e da torri poste a coronamento del rilievo collinare antistante l’attuale castello e oggi destinato a Parco pubblico intitolato a Vittorio Alfieri. Era difeso per tre lati dalle pareti scoscese della collina e per un lato da un fossato. I suoi ultimi muraglioni, ormai pericolanti, furono abbattuti verso la metà dell’800.
Alla casata degli Alfieri di Magliano e Castagnole delle Lanze apparteneva Catalano Alfieri (1602-1674), che nel 1649 iniziò la costruzione dell’attuale castello dove, fin dal 1300, esisteva un “palatium” , o casa-forte, che fu abbattuto per far posto al nuovo edificio.
Catalano era al servizio di Casa Savoia, tra i suoi compiti c’era quello di riscuotere i tributi in tutta la zona e lo fece con tale zelo da essere odiato da tutti; si tramanda che la popolazione dicesse “Nusgnur ch’un tena a màn da ra lòsna, da u trùn e d’ar cunt Catalan” (Che il signore ci protegga dal fulmine, dal tuono e dal conte Catalano). E il destino ha voluto che nel suo castello siano oggi esposti i soffitti in gesso delle umili case di quei contadini che lo odiavano.

Nel 1660 fu nominato Cavaliere della SS.Annunziata e fu insignito del collare dell’ordine. La sua vita si concluse però tragicamente: accusato di tradimento per non essere riuscito ad impadronirsi di Savona e Genova, nella rovinosa spedizione del 1672, fu condannato a morte e rinchiuso nelle segrete di Palazzo Madama a Torino, dove morì per infarto il 14/9/1674 (ma fu sottoposto ad autopsia perché si sospettò un omicidio).
Nel 1679 fu riabilitato, dopo che il suo accusatore-calunniatore era stato giustiziato mediante decapitazione nel 1676. In una lettera alla moglie Catalano aveva scritto “La calunnia non può avere successi duraturi” e questo potrebbe rimandarci al motto “Tort ne dure”, che si legge sulla volta del salone nello stemma degli Alfieri. Si narra anche che Catalano, prima di morire, avesse scritto questo motto con il suo sangue sulle pareti di quella stessa cella dove poi fu rinchiuso il suo calunniatore prima di essere giustiziato.
Per volontà del figlio Carlo Emanuele fu costruito un mausoleo marmoreo “a memoria del padre ottimo e amatissimo”, visibile ancora oggi nel Presbiterio della Parrocchiale di Sant’Andrea, nel capoluogo di Magliano.
Carlo Emanuele, che fu ministro dei Savoia a Madrid, Parigi, Vienna e ambasciatore a Londra, succedette dunque al padre Catalano e concluse nelle parti principali la costruzione del castello, intorno al 1680. Il suo busto fu posto in una nicchia dello scalone d’onore con una dedica posta dal figlio Giuseppe Catalano Alfieri e dalla vedova Eleonora Tana di Entracque. 
A Carlo Emanuele succedette Giacinto Ludovico, quarto conte di Magliano e ultimo maschio degli Alfieri di Magliano e Castagnole, che nel 1768 fece costruire la cappella gentilizia interna al castello. Fu il terzo marito di Monica di Maillard de Tournon: da un precedente matrimonio di questa con il conte Amedeo Alfieri di Cortemilia, nel 1749 era nato ad Asti Vittorio Alfieri. Monica villeggiò spesso a Magliano; il figlio, consigliandola di recarsi nel castello di famiglia, le scriveva da Parigi : “E’ un bel luogo, e un’ottima aria, e mi pare che le dovrebbe giovar molto” .
Con la morte di Giacinto Ludovico gli Alfieri di Magliano si estinsero nel 1797; il castello passò attraverso varie mani finchè il marchese Cesare, degli Alfieri di Sostegno (signori dal 1615 della vicina S.Martino), riacquistò tutto nel 1843. Gli succedettero il figlio Carlo Alberto e le nipoti Adele (1851-1937) e Luisa Alfieri (1852-1921) con le quali si estinse anche questo ramo degli Alfieri.
Nel 1952 la marchesa Margherita Pallavicino (vedova del figlio di Luisa Alfieri, Giovanni Visconti Venosta) offrì l’edificio in dono al Comune che lo rifiutò; lo accettò invece il parroco di Sant’Andrea, don Drocco. Dopo varie vicissitudini ed utilizzi impropri, mentre prendeva forma il progetto di un museo etnografico, la Soprintendenza ai Beni ambientali ed architettonici realizzò un primo intervento di tutela nel 1976, grazie all’interessamento di un gruppo di giovani maglianesi (il “Gruppo spontaneo-etnografico maglianese”, più o meno l’attuale associazione “Amici del castello Alfieri”) e della Sezione Albese di Italia Nostra.
Nel 1988 il Comune di Magliano lo ricevette in donazione dal parroco di S.Andrea, don Guido, con approvazione del Consiglio Comunale il 22 dicembre 1986 ed atto notarile del 1988.
Il castello, seppure spogliato di tutti i suoi ricchi arredi (documentati da inventari del 1691 e del 1854), dopo vari passaggi in mani non sempre rispettose, giunge strutturalmente integro al Comune di Magliano. Anche la più grave alterazione (la costruzione, nei primi anni ’60, di alloggi al primo piano, quattro nell’ala ovest e uno nell’ala est) era per fortuna reversibile. È stato cioè possibile per il Comune, nel 2001, rimuovere tramezzi e solette e ripristinare i locali originari, riportando anche alla luce, nell’ala ovest, le volte, che presentano variegate forme architettoniche e tracce di antiche colorazioni degne di restauro.
I citati locali dell’ala ovest sono stati destinati dal Comune ad una futura seconda sezione museale dedicata alla cultura popolare e al paesaggio di Roero, Langa e Monferrato, per la quale si utilizzerà anche l’immensa documentazione raccolta dal compianto Antonio Adriano.
Dopo lo splendore dei suoi primi 150 anni e dopo un lungo periodo di decadenza, accentuatasi nella seconda metà del ‘900, un primo intervento di rifacimento parziale del tetto fu finanziato alla fine degli anni’70 dal Ministero dei Beni culturali. Ma è dagli anni ’90, dopo il passaggio di proprietà al Comune, che inizia la rinascita del castello Alfieri (ormai indiscusso simbolo di Magliano), fortemente voluta dalle amministrazioni comunali che si sono succedute dal 1985 fino ad oggi e grazie ai determinanti finanziamenti della Regione Piemonte e delle Fondazioni bancarie (Cassa di risparmio di Cuneo e San Paolo di Torino).

ASSOCIAZIONE CULTURALE " AMICI DEL CASTELLO ALFIERI "
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