L'architettura del castello Alfieri

ASSOCIAZIONE CULTURALE " AMICI DEL CASTELLO ALFIERI "
Iscritta al Registro  regionale delle  organizzazioni  di  volontariato  nel  settore:  tutela e valorizzazione del  patrimonio  storico  e  artistico  Costituita  il  26/10/1991
Codice  fiscale: 90017150047 sede legale: castello Alfieri di Magliano - sede operativa: via 4 novembre 10 - 12050 Magliano Alfieri (CN)
Tel.  335 5652312     -      fax 0173 50753

 IL PARCO ALFIERI

Davanti all'ingresso principale del castello, posto alla sommità del "bricco", si trova il parco Alfieri.
Abbarbicato sulla cima della nostra collina, è un polmone verde coltivato a prato e contornato di platani, pini e tigli.
Vi si trovano una piccola fontana, un'area attrezzata a gioco e il costruendo anfiteatro.


 

Siamo verso la metà del ‘600, periodo in cui nell’architettura dell’Albese si trovano spesso due aspetti compresenti: uno austero, intriso di equilibrio tardo-rinascimentale, con edifici compatti, appena alleggeriti da lesene e cornici che ne spezzano le murature lineari ed equilibrate, l’altro che si richiama alla ricercata eleganza decorativa barocca.
Le linee architettoniche di questo edificio si rifanno primariamente al palazzo rinascimentale; vi possiamo leggere l’influenza di un grande architetto del ‘600 piemontese, forse Amedeo di Castellamonte (1610-1683), o qualcuno della sua cerchia. Il Castellamonte fu architetto di Corte e nel 1658 diede al Palazzo reale di Torino la facciata, composta e regale, simile a questa nostra.
Qui lo stile è denso di eleganza e di una misura permeata di grandiosità secentesca, prima dello scoppio della drammaticità espressa dall’arte barocca di Guarino Guarini, anch’egli attivo in Piemonte a cavallo del ‘600 e del ‘700.
La facciata risulta organizzata in “fette verticali”: al centro c’è la più importante e massiccia, via, via, verso i lati si trovano quelle meno pesanti, torrioni e torricelle angolari. È stato ipotizzato che la torre rotonda a Ovest non sia sincrona all’attuale palazzo perché staccata dal corpo centrale, ma che sia appartenuta al precedente edificio medioevale del 1300.
I prospetti di muratura in mattoni a vista sono caratterizzati da cornici marcapiano, mentre cornici sagomate in cotto sottolineano le finestre dei torrioni, che sono sormontate da timpani alternativamente arcuati e triangolari.
Sul fronte Nord si apre l’ingresso principale attraverso l’ampio portone ligneo con coronamento in arenaria, d’impostazione stilistica tardo-rinascimentale; le formelle a profondo intaglio presentano un disegno tipico già dell’arte barocca sviluppatasi in Piemonte verso la fine del 1600.
Su questo portale potrebbe essere intervenuto Benedetto Alfieri (1700-1767), nominato da Carlo Emanuele III “primo architetto civile del Re di Sardegna”. 

L’ATRIO DI INGRESSO E LO SCALONE D’ONORE

L’armonioso atrio d’ingresso è ancora oggi mutilato dalle pareti dell’ex ufficio postale, edificate negli anni ’60 e in attesa di rimozione. Anche un adiacente salone con affreschi originali settecenteschi sulla volta (che oggi chiamiamo “delle aquile) è in attesa di restauro: dalle sue pareti dovrà essere rimosso l’intonaco che (incredibile ma vero) fu applicato sugli affreschi (sempre negli anni ’60) per adattare il locale ad alloggio dell’ufficiale postale.
Anche lo scalone d’onore è stato alterato, al primo piano, da un pianerottolo inserito negli anni ’60 per dare accesso a uno dei citati alloggi ed oggi utilizzato come secondo accesso al “Museo dei gessi”.
Salendo, il primo oggetto d’arte che accoglie il visitatore è l’imponente nicchia posta su una parete dello scalone. L’oculo, di forma ovale, conteneva il busto di Carlo Emanuele Alfieri (1643–1691), che nel 1941 fu trasportato nel castello di San Martino Alfieri per ragioni di sicurezza, poiché il castello, durante la guerra, era diventato alloggiamento di numerosi militari. Il 1° gennaio 2000 il Comune ha collocato nella nicchia un calco di gesso, perfetta riproduzione del busto originale.
Carlo Emanuele era figlio di Catalano (l’uno iniziò e l’altro concluse la costruzione del castello). L’epigrafe in latino, voluta dal figlio e dalla vedova Eleonora Tana, così dice:

IL SALONE DEGLI STEMMI

Il salone occupa il torrione centrale del castello ed è coperto da una volta a padiglione; la decorazione è a stucchi in gesso ad alto rilievo, fenomeno barocco che ha avuto grande importanza nel ‘600 e nel ‘700 in Asti e in altre città piemontesi. Gli stucchi riproducono stemmi della famiglia Alfieri abbinati (sulla volta e sulle quattro porte) a stemmi di altre famiglie nobiliari con essa imparentati mediante matrimoni (il matrimonio era anche un modo per costruire alleanze di potere fra le casate).
La mano che decorò la volta è la stessa che lavorò l’oculo dello scalone, ricompaiono infatti i trofei guerreschi ai lati degli stemmi, arricchiti da decori vegetali, che si ripetono identici a quelli dello scalone. A sei metri d’altezza sopra un primo cornicione corre un ordine di finestre aperte verso l’esterno sui lati nord e sud, dipinte con effetto a “tromp l’oeil” sugli altri due lati. Tra gli sguanci delle finestre pendono festoni in stucco raffiguranti mazzi di foglie e frutta (come già detto, lavorazione plastica che denuncia chiaramente la sua origine luganese).
Ai quattro angoli della volta si vede l’aquila di casa Alfieri con i motti “Tort ne dure” (“l’offesa non dura”, riferito alla tragica vicenda di Catalano Alfieri) e “Hostili tincta cruore” (“bagnata dal sangue nemico”, la lancia, probabilmente). Al centro c’è il grande stemma degli Alfieri di Magliano sovrastato dalla corona marchionale: entro un cornicione in stucco modulato si vede la gigantesca aquila avvolta da cartigli e da festoni con frutta e con scritti i motti “tort ne dure” e “fert” (forse: “fides erit robur tua”, “la fede sarà la tua forza”).
Al centro della parete di fronte all’ingresso il Comune ha collocato lo stemma municipale di Magliano in gesso, che riproduce il castello e l’aquila degli Alfieri. La posa è avvenuta il 1° gennaio 2000, nello stesso giorno in cui è stato ricollocato il calco del busto di Carlo Emanuele Alfieri nell’ovale dello scalone, nell’ambito delle celebrazioni del nuovo millennio.
Assieme al Museo dei gessi, il salone degli stemmi è, dagli anni ’90, il teatro della rinascita del castello: in esso si svolgono, infatti, concerti, spettacoli teatrali, mostre, convegni.
Note sul simbolo dell’aquila: fu animale sacro a molte divinità, ritenuto da alcune civiltà l’uccello solare per antonomasia. In araldica può essere rappresentata in posizioni diverse, ma è sempre simbolo di potenza e regalità. Adottato da molti imperi e case regnanti, rappresentò i Savoia fin dal sec. XIII. Originata dall’aquila romana, venne ripristinata da Carlo Magno e divenne il simbolo dell’Impero. È presente infatti anche sullo stemma degli Alfieri, che sostennero i ghibellini nello scontro con i guelfi (gli alleati del Papa) per il potere nella città di Asti.

A Carlo Emanuele Alfieri,
uno dei signori di Ferrere e Castellinaldo,
nobile servitore del duca Carlo Emanuele II di Savoia,
comandante delle truppe sabaude in aiuto
a Ludovico XIV,
straordinario oratore in favore di Maria Giovanna Battista,
madre regnante, quasi come Cesare,
signore della Gallia e della Britannia,
educatore secondario del figlio di Vittorio Amedeo II,
primo cavaliere della sposa reale Anna d’Orleans
e grande scudiero che a corte i principi stimarono,
sui campi militari e nelle ambasciate i soldati amarono
e gli stranieri ammirarono,
poiché morì nell’anno 1660, all’età di 47 anni,
il figlio Giuseppe Catalano Alfieri insieme alla madre
Eleonora Tana degli Alfieri,
posero.
Anno 1708

Dunque la decorazione in stucco è del 1708 e, nonostante l'imminente barocchetto, essa si ispira ancora alla tradizione seicentesca. Una fastosa corniciatura modanata (sagomata) circonda la nicchia appoggiata ad una sorta di mensolina sulla quale sono collocati, a destra e a sinistra, trofei di guerra (cannoni, palle, lance, alabarde e bandiere) e serpeggianti rami di alloro. L'ovale si chiude in alto con una cimasa, sulla quale sono appollaiate due aquile, che fanno ala al blasone della casata. Attorno all'ovale corrono decori di acanto. L'autore di queste decorazioni è ancora anonimo, ma il tipo di decorazione plastica applicato rimanda agli stuccatori luganesi. 

Stemma degli Alfieri - Stemma del Roero
Stemma degli Alfieri - Stemma dei Della Rovere
Stemma degli Alfieri - Stemma dei Montafia
Stemma degli Alfieri - Stemma dei Porporato
Salone degli stemmi: volta a padiglione con al centro arme degli Alfieri

LA CAPPELLA GENTILIZIA DELLA FAMIGLIA ALFIERI

Siamo sul lato Est del castello. Attraverso un portale in arenaria entriamo all’interno della cappella gentilizia degli Alfieri, dedicata al Santo Crocefisso e ricordata anche come Oratorio della Santa Sindone. La madre di Vittorio Alfieri, che trascorreva le estati nel castello, ottenne che vi si potesse celebrare la messa. Oggi è nuovamente sconsacrata.
Lo stile decorativo è “barocchetto”, il che denota che la cappella è stata costruita nella seconda metà del ‘700. Prima del 1768 (in cui fu costruita dal conte Giacinto Lodovico Alfieri, che sposò la madre di Vittorio Alfieri) risulta dalle visite pastorali che nel castello vi fosse un’altra cappella, dedicata a San Giuseppe (i diversi usi cui è stato destinato nel tempo questo palazzo hanno avuto come conseguenza anche mutamenti interni).
L’oratorio è a pianta rettangolare, a nave unica, con apertura circolare contenente l’altare barocco in finto marmo e stucco, il cui disegno di sobria e raffinata eleganza, denuncia essere ideazione di provetto architetto. Da notare la bella decorazione che lo adorna, culminante in due bianchi angioletti genuflessi, magistralmente eseguiti e posti ai lati del fastigio. Al centro sta il simbolico pellicano, di morbida resa naturalistica.
Da una finta balconata sopra l’altare, degli angeli mostrano la Sindone e sopra, in un occhio di cielo, appare la colomba dello Spirito. Sul soffitto dell’unica navata, una illusiva decorazione di elegantissima resa cromatica dilata lo spazio aprendosi in alto a mostrare il cielo, da cui si affacciano angioletti e verso il quale altri angeli salgono rapidi, recando trionfalmente la croce. Un tripudio di angioletti con i simboli della Passione è visibile pure sulle balconate dipinte, che decorano in alto le pareti, sulle quali appaiono finti coretti. Finte nicchie sono sistemate infine nei pennacchi della cupola ed in esse sono dipinti quattro vasi di fiori.
Tutte le decorazioni a fresco sono realizzate con prospettive di grande effetto architettonico tromp l’oeil.
La cappella ospita anche tre grandi tele riguardanti fatti della vita di Cristo (La Crocifissione, all’altare, La cena in casa di Simone il lebbroso e La risurrezione di Lazzaro, alle pareti laterali) che sono state restaurate ad Aramengo, nel famoso laboratorio di Nicola e riportate nella cappella a fine settembre del 2006.
Le tele e gli affreschi della volta sono attribuiti a Pier Paolo Operti, pittore braidese del ‘700, che è stato attivo a Bra, Saluzzo, Cherasco, La Morra, ecc. A conferma dell’attribuzione può valere un confronto stilistico con altre sue opere, in particolare con il “trionfo di Santa Chiara” sul soffitto della chiesa di Santa Chiara di Bra, che rimanda a questo “trionfo della Croce”. È anche vero inoltre che l’Operti in quell’epoca era presente nella parrocchiale di Magliano Alfieri per la fattura del quadro della “Madonna del rosario”, opera oggi purtroppo perduta.
Anche la cappella, come il castello, fu oggetto dell’attenzione del Gruppo dei Maglianesi e di Italia Nostra nei primi anni ’70. A quel tempo era infatti usata come magazzino per pasta, riso, ecc., di un negozio adiacente.
Il restauro avvenne nel 1994, ma l’intervento fu particolarmente lieve: i tecnici si stupirono di trovare, sotto lo strato di polvere grassa, i colori settecenteschi quasi intatti, che ancora oggi colpiscono i visitatori per la loro vivacità, dopo due secoli e mezzo.

Note sul pellicano: è un uccello acquatico, del quale si credeva leggendariamente che amasse tanto la propria covata da alimentarla con il suo sangue, che faceva sgorgare squarciandosi il petto a colpi di becco.
È una delle più note allegorie di Cristo.

Volta della cappella
Cappella " Trionfo della Croce"
Cappella " La Sindone "